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San Massimo di Napoli Vescovo e martire

11 giugno

Napoli, IV secolo – Oriente?, 361 ca.

Martirologio Romano: A Napoli, san Massimo, vescovo, che per la sua fedeltà al Concilio di Nicea fu mandato in esilio dall’imperatore Costanzo, dove, prostrato dalle tribolazioni, morì confessore della fede.


E' il decimo vescovo di Napoli, secondo la lista episcopale compilata da Giovanni il Diacono, succedendo a s. Fortunato. Il suo episcopato si svolse sotto l’imperatore Costanzo (337-361) iniziando intorno al 350 e terminando nel 357.
Difese i decreti del Concilio di Nicea del 325, che condannò l’eresia ariana, scaturita dall’eretico Ario di Alessandria (280-336), il quale affermava che il Verbo, incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature.
L’eresia scatenò una lotta a volte anche violenta, fra le due posizioni esistenti nella Chiesa di allora, a cui non fu estraneo il potere civile. Il vescovo Massimo di Napoli, per la sua difesa intrepida della ortodossia nicena, tra il 355-356 fu condannato all’esilio, probabilmente in Oriente, come altri vescovi dell’Occidente.
Dall’esilio seppe, che la sua cattedra episcopale napoletana, era stata occupata dall’ariano Zosimo e gli lanciò contro un anatema; nonostante ciò Zosimo governò la diocesi per più di sei anni, evidentemente dopo aver ripudiato l’arianesimo, fu riconosciuto come 11° vescovo legittimo.
Alcuni noti testi latini affermano che Zosimo, verso il 363 sarebbe stato costretto a lasciare il seggio episcopale colpito dal castigo divino, perché non riusciva a parlare nelle assemblee dei fedeli.
Intanto il vescovo Massimo per i maltrattamenti subiti e per le sue malferme condizioni di salute, morì in esilio verso il 361, prima che Giuliano l’Apostata decidesse l’8 febbraio 362, il ritorno dei vescovi esiliati, per questo gli è riconosciuto il martirio.
Il suo culto cominciò, quando il suo successore legittimo s. Severo, ma considerato 12° vescovo di Napoli dal 363 al 409, nei suoi primi atti di governo episcopale, fece riportare in patria le sue spoglie, sistemandole nella nuova basilica cimiteriale, poco distante dall’ipogeo di S. Fortunato, fuori dalle mura della città di allora.
A metà del secolo IX i suoi resti compresi quelli di s. Fortunato e altri santi vescovi, furono trasferiti nella basilica Stefania. Ma esiste un’altra versione opposta a quanto detto; il 20 e il 22 novembre del 1589, i frati Cappuccini della chiesa napoletana di S. Efebo, operarono una ricognizione delle reliquie conservate dietro l’altare maggiore, il motivo è ignoto e qui trovarono le reliquie dei santi vescovi napoletani Efebo, Fortunato e Massimo.
Si può ipotizzare che verso la fine del XIII secolo dovendosi costruire la nuova cattedrale al posto della basilica Stefania, le reliquie siano state trasferite nella catacomba di S. Efebo, diventata poi chiesa cappuccina.
Durante gli scavi archeologici del 1882 e del 1957 si sono ritrovati reperti archeologici in una cappella della cattedrale, un sarcofago, un’iscrizione sepolcrale con la dicitura “Maximus episcopus qui et confessor”, confermando così la prima tomba del IV secolo di s. Massimo.
Il suo nome è riportato in varie date e in vari calendari compreso il famoso Calendario Marmoreo di Napoli, scolpito nel IX secolo e conservato negli ambienti del Duomo.
Il 12 settembre del 1840 la Sacra Congregazione dei Riti confermava l’antichissimo culto per i santi Fortunato e Massimo vescovi; la nuova edizione del ‘Martyrologium Romanum’ riporta la festa liturgica di s. Massimo all’11 giugno.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2003-12-13

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