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Beato Raffaele di Barletta

14 luglio

Originario di Cattaro, in Dalmazia, il beato Raffaele giunse a Barletta, dove entrò tra i Servi di Maria. Visse nell'umiltà (svolse l'ufficio di questuante del convento) e nella preghiera (non aveva cella per dormire e stava continuamente in orazione davanti al Santissimo). Fino al 14 luglio del 1566. Quella notte ebbe, infatti, in sogno la premonizione dell'imminente morte e svegliò i confratelli per non restare senza il viatico. Glielo diede, dopo la confessione, il superiore. Spirò sull'altare della Vergine, dove si era raccolto in preghiera. Il corpo restò esposto per tre giorni tanta era la folla che accorreva. Per la sua carità, infatti, fra Raffaele era notissimo nella cittadina pugliese. Spesso dava il pane o l'elemosina che aveva raccolto ai più bisognosi. E ricominciava, instancabile, la raccolta. (Avvenire)

Emblema: Pane


L’affascinate città costiera di Cattaro (odierna Kotor, nell’attuale Montenegro) era uno dei più importanti centri economici e religiosi della Dalmazia del XV secolo. Sin dal 1423 Kotor si era liberamente sottomessa alla signoria veneziana, diventando successivamente capoluogo della cosiddetta “Albania veneta” e conservando così una larga indipendenza dall’incalzante Impero Ottomano. Inoltre, proprio grazie al legame con la Serenissima, era divenuta un porto vivace e ricco di commercianti, marinai e pescatori, ma anche di predicatori itineranti del Vangelo.
Fu in questo contesto marittimo che ebbe i natali il beato Raffaele, del quale, tuttavia, ci giungono notizie solo dopo il suo trasferimento alla riva opposta dell’Adriatico, nel rinomato centro pugliese di Barletta; qui egli professò nell’Ordine Religioso dei Servi di Maria come fratello converso, presso il fiorente Convento di Santa Maria della Croce, situato in una zona periferica della città.
Le fonti ci parlano di un frate umile e modesto, pieno di carità e di zelo. Per le sue qualità e soprattutto per la sua prudenza, i Superiori gli affidarono l’ufficio di questuante dentro e fuori le mura della città. In quell’ufficio egli si rese amabile e degno di stima e venerazione (“magna erat apud populum illum venerationem”), specie per la carità smisurata che usava verso i poveri. I suoi contemporanei ci riferiscono che il Beato Raffaele, dopo aver questuato il pane per i frati del suo convento, uscendo dalle mura della città lo distribuiva ai poveri e ai bisognosi che lì lo attendevano; rientrando poi in città riempiva nuovamente la sua bisaccia di elemosine e le portava al convento. Altri testimoni affermano che era così sensibile ai bisogni del prossimo, da non reggergli il cuore perfino alla vista di alcuni falsi poveri, ai quali vuotava nelle mani ciò che aveva raccolto, per poi andar di nuovo a stender loro la mano. Nella sua umiltà voleva sentirsi povero tra i poveri.
Dalle fonti storiche, inoltre, ci viene riferito che da parte dei barlettani godeva grande stima, non solo per la sua straordinaria carità, ma anche per la sua grande austerità di vita. Infatti egli voltò le spalle a tutto ciò che in questo mondo crea distrazioni e offre vane speranze, assumendo un rigore di vita molto austero e penitente, praticando digiuni e veglie notturne. Camminava sempre a piedi scalzi. Non ebbe mai una sua cella per dormire: pregava davanti al SS. Sacramento e dormiva pochissimo tempo dove gli capitava.
Fu tentato dal demonio molte volte, soprattutto di notte, ma essendo un uomo puro e casto, con la forza dei sacramenti e della preghiera, ne uscì sempre vittorioso. A riguardo ci viene tramandato che, alla stregua di altri santi, come rimedio ad alcune tentazioni, egli usava immergersi nell’acqua gelida.
Una notte ebbe in sogno che la sua morte era ormai imminente. Perciò il Beato svegliò dal sonno i suoi confratelli perché non voleva restare sprovvisto dei Sacramenti. Il Padre Superiore, Bartholomeus Janatasius, si recò subito in chiesa dove fra Raffaele stava già dinanzi all’altare della Beata Vergine Maria, di cui era tanto devoto, ascoltò la sua confessione e gli diede il Santo Viatico. Allora il Beato Raffaele, con gli occhi rivolti verso il Cielo, in ginocchio e con le mani giunte, spirò nella pace del Signore tra l’ammirazione dei suoi confratelli. Era il 14 luglio 1566.
Il suo corpo rimase esposto per tre giorni, perché moltissima gente da Barletta e dai dintorni accorse per venerarlo con devozione, piangendo la sua perdita. Alcuni chiedevano con insistenza che gli venisse dato, come reliquia, un pezzetto delle sue vesti, quasi a sentire più vicina la benevola protezione di questo umile Frate che in vita si era fatto tutto a tutti, testimone vivente della carità di Cristo.


Autore:
Ruggiero Lattanzio

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Aggiunto/modificato il 2003-07-31

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